Ha vinto un Campiello Andrea Molesini, con "Non tutti i bastardi sono di Vienna", educazione politica, militare e sentimentale di un diciottenne (o quasi) nel freddissimo inverno 1917/'18, tra occupanti rigorosamente divisi per censo con ufficiali austriaci e tedeschi che sono citazioni dei nobili educati, poliglotti e cattivissimi dei film sulla Grande Guerra e soldati che arrivavano dai quattro angoli della Duplice Monarchia, contadini per i quali un padrone ne vale un altro ma anche no, il parroco che fornisce anche, con una sua battuta, il titolo del libro, la sua famiglia ricca e la pletora di domestici e l'immancabile parente un po' strana che guida l'eroe anche nei meandri del sesso adolescenziale.
Altra citazione, dal Vercors questa volta, per la reazione della padrona di casa, ed anche qualcosa da "La grande illusione" (avevamo parlato degli ufficiali austriaci, più o meno nobili).
Buono, si legge d'un fiato o quasi, visto che c'è anche la necessaria parte di tensione, ma ad un certo punto sembra che si infili in un vicolo cieco e infatti deve risolversi con un finale poco credibile.
Insomma, sono ragazzi e devono ancora imparare il mestiere, ma decisamente si impegna.