mercoledì 3 ottobre 2012

L'inverno del nostro scontento

Dal momento che sono uscite altre novecento e passa pagine (quasi mille) della trilogia di Ken Follett sul secolo breve non posso fare a meno di parlarne: male, per tenere fede ad una fama di livoroso criticone.
Insomma, dal nazismo alla bomba atomica, attraverso la storia di quelle quattro o cinque persone che dovrebbero piacere alla gente che piace, tipo il russo emigrato da Mosca due minuti prima della mezzanotte comunista ed il parente ufficiale del GRU, la ragazza molto upper class americana ed il marito nobile inglese ed anche un po' stronzo (nel precedente libro avevamo fatto conoscenza con il padre, ancora più stronzo), l'eroe di guerra di famiglia operaia ed anche un po' figlio di puttana, e non per colpa sua, per carità, ma la madre faceva la cameriera dal suddetto padre e indovina un po' cosa le è capitato, che gliela porta via ed è anche il fratellastro, insomma un bell'intreccio stile Harmony, per tacere della zia dei due litiganti che per non sfigurare sposa il tedesco e si trova nella Germania povera dell'immediato dopoguerra, poi in quella rampante e nazista degli anni Trenta e infine deve affrontare anche i russi che arrivano, non proprio animati dalle migliori intenzioni, nell'aprile del 1945.
Ken Follett andava di fretta: le battaglie della Seconda Guerra Mondiale (Pearl Harbour, Midway e Berlino le ha in qualche modo copiaincollate da solidi saggi usciti una quarantina di anni fa (grazie papà, così lo posso smascherare), e per il resto non aveva poi tanta voglia.
Insomma, lasciate perdere, grazie. 

PS Ken, non imparare l'italiano, altrimenti leggi questo post e mi fai anche causa, grazie. Tieni presente che il libro l'ho comprato e pagato, a differenza di tanti altri recensori assatanati.

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