sabato 8 ottobre 2011

Stat mercator pristinum nomen


A volte ritornano, e dopo trent'anni ritorna il nome della rosa, ma non parliamo della nuova edizione dell'opera prima letteraria di Umberto Eco, ma del Mercante di libri maledetti di Marcello Simoni.
C'è proprio tutto: l'ambientazione nel tredicesimo secolo (addirittura cento anni prima), le abbazie, le biblioteche, i messaggi segreti da decifrare, e c'è anche il giovane (ed un po' fesso) amico del protagonista; il giovanotto non si racconta in prima persona, il che sarebbe impossibile in una storia del genere.  A proposito di abbazie, si comincia proprio dalla Sagra di San Michele, sulla strada che da Torino porta alla Francia, che pare abbia ispirato il piemontese Eco nella ideazione della sua insanguinata abbazia, ed è un po' come mettere subito le carte in tavola.
Poi, sono passati trent'anni, quindi c'è molto più sangue, per adeguarsi alla nuova ondata di romanzi neri italini ed europei, e si rinuncia all'aristotelica unità di luogo, visto il dipanarsi della storia tra il Nord-est Italiano fino all'estremo Ovest dell'Europa che è Santiago di Compostella, per concludersi a Venezia nel più tradizionale dei modi possibili.
Poi si nota che alle spalle c'è un minor lavoro di ricerca: l'abate cattivo non può chiamarsi Rainerio da Fidenza perché all'epoca Fidenza non esisteva, esisteva Borgo San Donnino.  Questo lo so anch'io, e chissà che un vero medievista non trovi qualche altro svarione.

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