mercoledì 14 dicembre 2011

Like a BRIC in the wall

D'accordo, è un saggio e non un romanzo, ma si legge scorrevolmente.  Stephen Armstrong è un giornalista britannico (e che altro?),  e comincia con il raccontarci degli oligarchi russi, certamente i più spettacolari, poi degli industriali indiani venuti dritti dalla decolonizzazione a ricomprarsi l'industria inglese, dei nuovi miliardari cinesi, certamente i capitalisti più inquietanti ed infine dei rampanti brasiliani.
Sono i padroni dei BRIC, l'acronimo creato da qualche economista di talento per indicare le potenze emergenti del nuovo millennio, dove c'è un profondo deficit di democrazia e di equilibrio nella ripartizione delle risorse, ma non di soldi.
E noi dell'Occidente evoluto? Bene, non è il caso di essere troppo tranquilli, non solo perché i russi ci vendono il gas per scaldarci, gli indiani si comprano le industrie pesanti in giro per il mondo ed i cinesi a furia di venderci magliette e di costruire telefonini e computer su licenza hanno fatto tanti soldi da essere i primi creditori degli USA; non è il caso visto che anche nelle più antiche e solide democrazie occidentali si preannuncia un deficit di democrazia, semplicemente perché anche qui da noi c'è un complesso imprenditoriale e finanziario così ricco ed influente da essersi, di fatto, sostituito ai governi, con la scusa della crisi economica.
Il signor Armstrong considera l'Italia giustamente irrilevante, quindi tace del corto circuito tra soldi e politica che noi sperimentiamo da venti anni: britannici e statunitensi non sanno a xcosa vanno incontro, noi italiani ce ne siamo fatti un'idea.    

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